Ci ha messo pochissimo tempo per togliersi di dosso le perplessità legate all'anagrafe, alla spocchia classe del francese, soprattutto di quello abituato ai palcoscenici sopraffini della Champions League e a contesti dove si respira aria di trofei multipli in qualsiasi stagione. Franck Ribery a Monaco di Baviera ci è rimasto per dodici stagioni, vincendo qualsiasi cosa a livello nazionale e mondiale, prima di venire a Firenze a regalare il suo calcio. Tecnicamente è già ora uno dei giocatori più sopraffini mai ammirati in maglia viola ma la dote più entusiasmante mostrata fin qui è senza dubbio la sintonia con ambiente e città, con i compagni e con il suo nuovo tecnico. Ancor prima di punto di riferimento in campo, Ribery è il vero modello nello spogliatoio, il suggeritore, quasi un vice di Montella quando segue i compagni dalla panchina. Un po' quanto invece era mancato a Mario Gomez, stessa provenienza, meno talento (ma i ruoli dei due sono piuttosto diversi) ma aspettative simili dal punto di vista della leadership. Il tedesco offrì pochissimo alla causa viola, Ribery invece sta coinvolgendo un po' tutti dando il suo talentuosissimo esempio.


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