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Quando quest’estate la Fiorentina ha confermato il riscatto di Gudmundsson e, nella stessa finestra di mercato, ha ufficializzato l’arrivo di Fazzini dall’Empoli, il pensiero comune di tifosi e addetti ai lavori era lineare: l’islandese preso per diventare la stella (e il numero 10) della squadra, e il giovane italiano preso per maturare alle sue spalle e fare esperienza. Ebbene, è bastato pochissimo per cambiare il paradigma, e ora le quotazioni di Fazzini – giustamente – salgono in proporzione inversa a quelle di Gudmundsson.

Una sosta prolifica

Il terzo acquisto più costoso della storia della Fiorentina, una prima stagione tra alti e bassi – anche e soprattutto extra-calcistici – e la scelta del numero 10 per il suo secondo anno a Firenze: si era creato, giustamente, un fortissimo sentimento di attesa e di trepidazione nel vedere ripagato un investimento così ingente, cosa che invece Gudmundsson non ha ancora saputo fare. Gol e assist contro il Polissya, assist per Mandragora contro il Cagliari, poi ottima prestazione contro l’Azerbaigian dove, pur uscendo malconcio dall’incontro, aggiunge un altro gol e un altro assist al suo bottino personale. Ma proprio quella botta subita in Nazionale gli ha fatto saltare la prima al rientro, la sconfitta contro il Como, e ad oggi il ragazzo non si è ancora ritrovato, mentre i tifosi aspettano per l’ennesima volta che torni in condizione. La doppietta siglata in questa pausa Nazionali fa ben sperare, ma a Firenze si è visto ben altro, almeno fino ad oggi.

La voglia di dimostrare qualcosa

Fazzini, al contrario, è arrivato quasi in sordina a Firenze, messo un po’ in ombra proprio dal riscatto di Gudmundsson: invece, il classe 2003 ha preso parte a tutte le partite stagionali finora, e l’unica cosa che gli è mancata è proprio il contributo al gol. Ma gli è mancata per un pelo: col Polissya, al termine di una grande discesa stile slalom gigante, il suo tiro si infranse sul palo; contro la Roma, invece, una sua imbucata geniale ha smarcato Kean che poi ha colpito il palo, negandogli l’assist. Il ragazzo ha i colpi, ha tecnica e soprattutto fa una cosa che Gudmundsson non ha mai dimostrato: ci mette l’anima, si danna per recuperare i palloni che gli passano attorno, è una presenza che si sente, in campo. L’islandese, invece, è un giocatore che si accende a intermittenza, che vaga per il campo senza fissa dimora – già dall’anno scorso, quando si abbassava fino alla linea difensiva per prendere palla – e contro la Roma è stato l’uomo in meno della Fiorentina

Ripartire da qui

Proprio perché su di lui gravano tante aspettative, e sono stati spesi tanti soldi, Gudmundsson deve riprendersi da questo brutto periodo e trovare continuità per il suo gioco: sotto questo punto di vista, la doppietta contro l’Ucraina fa ben sperare. La cosa positiva di questo dualismo è che un interprete non deve per forza escludere l’altro: l’opzione di vederli entrambi sulla trequarti alle spalle di Kean potrebbe prendere piede, magari dando più libertà offensiva a Gudmundsson e facendo fare a Fazzini da collante tra i reparti. Fondamentale, però, che l’impulso di rivalsa venga proprio dall’islandese: non basta il curriculum, se ti manca la fame.


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