Un mercato dal profumo d’Europa, fatto di aspettative, promesse e speranze, che purtroppo sta dimostrando di non essere all’altezza. Oltre alle poche alternative in determinati ruoli, lasciati comunque invariati, anche i nuovi acquisti stanno deludendo pesantemente. Scelte errate o poco oculate della società nei mesi di mercato, limitate capacità di Italiano nell’esaltare i volti nuovi o scarsa iniziativa di adattamento dei giocatori stessi; fate pure voi le proporzioni, ma tutti questi fattori incidono e non poco. Il risultato è chiaro: al momento, i cinque elementi arrivati nell’ultima finestra di mercato sono tutti casi da risolvere.

Gollini. Ecco, è probabilmente colui che ha consumato le sue possibilità di titolarità prima degli altri. L’esordio contro la Cremonese aveva già lasciato tracce fatte di dubbi sul suo conto, fin troppo prematuri. La macchia incancellabile è Istanbul, dove nell’insufficienza generale, è risultato per distacco il peggiore. Da quel momento, per Terracciano, il compito di definire le gerarchie è diventato molto più semplice. C’è ancora tempo per provare a cancellare gli errori commessi e a risalire la china pian piano, anche perché non si tratta (ancora) di una storia già finita. Certo è che il suo inizio lascia pensare a tutto, fuorché alla ferma convinzione di riscattarlo sulla fiducia.

Jovic. È senza dubbio l’uomo copertina dell’ultimo mercato della Fiorentina. Un acquisto dalla formula singolare e dall’impatto mediatico molto importante. Peccato che le prospettive dell’ex Real Madrid, per ora, non siano per niente positive. Enormi aspettative fomentate anche da Jovic stesso, che non è certamente voluto passare inosservato, ma da quell’immaginario bottino di 30 reti siamo ancora lontanissimi. Dopo tre anni con pochissime partite giocate, aspettarsi un inizio devastante sarebbe stato molto pretenzioso. Eppure siamo quasi a novembre ed è ancora un caso: i gol sono pochi, i tocchi del pallone a partita pochissimi e il serbo sembra quasi estraneo al gioco di Italiano. Come ciliegina sulla torta, sopraggiungono le polemiche dopo l’esultanza contro l’Inter. Purtroppo, è quanto di più lontano dall’uomo della svolta: l’eredità del connazionale andato via a gennaio scorso si fa ancora sentire.

Barak. L’esempio perfetto di cosa fare per disinnescare uno dei talenti più cristallini dell’ultima Serie A: il ceco non c’entra niente con questa Fiorentina. Ha dato il meglio di sé sotto la guida di Tudor a Verona, giocando dietro la punta nel 3-4-2-1. Il contesto tattico a Firenze non lo aiuta, sembra essere vittima di un equivoco che lo sta limitando del tutto. Barak è un centrocampista da inserimento e in certi frangenti si è visto, però il suo contributo alla squadra è pressoché minimo, soprattutto se si considerano le potenzialità del giocatore. Ad oggi delude anche lui, ma è quasi una certezza il fatto che le responsabilità non siano soltanto sue. Anzi.

Dodô e Mandragora. Almeno da parte loro, a sprazzi, si è visto qualcosa di buono. Il brasiliano è l’acquisto più costoso dell’estate e partiva con premesse precise: visto lo stop del calcio ucraino per ovvi motivi, il fatto di non giocare da febbraio andava messo in conto come limite. Le prime prestazioni opache sono state dimenticate con un ottimo mese e mezzo, poi un nuovo calo. Lavori in corso per il numero 2, ancora troppo altalenante per essere decifrato. Le qualità sono indubbie, adesso manca il fattore continuità. Mandragora, invece, portava sulle spalle la scomoda etichetta di ‘sostituto di Torreira’. Ebbene, è tutt’altro giocatore. I suoi punti di forza sono esaltati da mezzala, nella stessa misura in cui emergono tutti i limiti nella posizione di play. Visto il centrocampo a tre di Italiano, non sembra esserci altra strada.

Se il ‘primo atto’ della stagione della Fiorentina presenta un esito sconfortante, parte della responsabilità è dovuta anche all’esiguo rendimento delle nuove risorse. Per valorizzare coloro che avrebbero dovuto contribuire nel confermare i livelli della bella Viola, c’è ancora moltissimo lavoro da fare.

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