Dal Vangelo secondo De Gea: qualcuno doveva pur dire la verità. Non tutto è ancora perduto, ma almeno smettiamola di prenderci in giro

Dopo mesi (per non dire anni) di promesse, illusioni, entusiasmi derivanti da vittorie contro squadre che in Italia faticherebbero in Serie C, finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di presentarsi davanti al microfono e dire la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità. E non sorprende che quel qualcuno si chiami David De Gea, colui al quale c'è chi vorrebbe persino affidare la fascia di capitano, a riconoscerne ufficialmente quel ruolo di leader di cui pochi altri possiedono le stimmate nella rosa della Fiorentina.
La verità che qualcuno non voleva sentire
Alla domanda sulla differenza di rendimento e di risultati tra Serie A e Conference League, De Gea ha risposto semplicemente che le avversarie affrontate in coppa sono di livello molto basso. La verità, appunto, quella che molti (non solo tifosi) ignoravano o forse non volevano sentirsi dire. La “bellissima” Fiorentina che batte 3-0 il Rapid Vienna non è altro che una squadra modesta, strapiena di difficoltà, che vince perché i valori sono troppo differenti. Il Gudmundsson che entra e segna è lo stesso che contro il Bologna, rigore a parte, di fatto non vede mai la palla. Lo Ndour che in Conference colleziona gol e assist è lo stesso a cui, in campionato, Pioli continua a preferire Mandragora.
Basta prenderci in giro
Ma allora, signori, c'era davvero bisogno che lo dicesse De Gea? Forse sì, e quindi grazie a chi ha scelto di far parlare il portierone spagnolo dopo la partita con il Bologna. Parole schiette, sincere, così come quel “Dopo il terzo gol pensavo che ne avremmo presi sei” che manifesta tutta la fragilità e la mancanza di certezze di questa squadra. De Gea ha detto anche cose positive, dalle quali si può e si deve ripartire. La stagione è lunga e non è ancora arrivato il tempo di perdere la speranza: però con onestà e trasparenza, senza prendere in giro la gente. Proprio come ha fatto David.


