E' sempre curioso il conflitto che nasce tra la volontà di vedere il nuovo che avanza, di lanciare la linea verde, e la conseguente insofferenza per i risultati che, nella maggior parte dei casi, stentano ad arrivare, almeno inizialmente. Una dinamica che va in scena fin dalla notte dei tempi, non solo nel calcio o nello sport per la verità, eppure l'essere umano spesso ci ricasca. Ci sono i giovani che nascono con qualcosa in più e quelli che hanno bisogno di gradualità per imporsi: non arrivano tutti come Federico Chiesa in sostanza, già pronto nell'anno del lancio di Sousa. Nella Fiorentina di oggi c'è Alessandro Bianco, centrocampista classe 2002, titolare fin da inizio ritiro ma qui arriviamo subito alla prima questione: lo è per necessità o per reale valore? Domanda retorica, dato che Pulgar deve ancora tornare al 100% e che dal mercato non è arrivato altro ma ad oggi l'ex Primavera è di fatto la sua riserva (anche se nelle giovanili la sua posizione era più quella della mezzala...).

Il ragazzo ha dato francamente sempre risposte incoraggianti, da leader sotto la guida di Aquilani, a sorpresa nel ritiro di Moena: ma basterà per approcciare la Serie A? Nella Fiorentina reduce da due lotte salvezza, con un Gonzalez in più e un Ribery in meno, con Milenkovic e Pezzella più fuori che dentro ed un sistema di gioco ancora tutto da assimilare, la squadra di Italiano può permettersi di puntare su un 19enne in una posizione così cruciale? Perché un conto è trovare un prospetto e lanciarlo con decisione, un altro è inserirlo per fare di necessità virtù. Il mercato in quella zona non ha portato niente, nella convinzione che Pulgar dia già certezze: un contesto a dir poco rischioso, per la Fiorentina come per lo stesso Bianco, che di tutto ha bisogno fuorché di essere bruciato.


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