La signora Commisso, Catherine, moglie del presidente della Fiorentina, si racconta per la prima volta a La Nazione. 

Come vi siete conosciuti lei e Rocco? 

«Sono nata a Siderno Marina, non tanto lontana da dove è nato Rocco. Ci siamo conosciuti ragazzini, tanto che a 17 anni mi sono sposata e il nostro percorso è proseguito nel tempo».

Cosa significa essere la moglie di uno degli imprenditori più importanti d’America? 

«Tanta responsabilità. Abbiamo una grande azienda (Mediacom ndr) a New York, dove lavorano 4mila collaboratori. Poi Rocco ha comprato la società e le responsabilità sono aumentate: anche qui ci sono oltre 800 persone che sono nella Fiorentina. Può sembrare semplice, ma quando lo fai per lavoro e passione avverti la consapevolezza di questo».

Dietro i successi di una grande uomo si dice ci sia sempre una grande donna, in questo caso, direi che accanto a un grande uomo, c’è una grande donna. E’ d’accordo? 

«Veramente mi sento come le altre donne. Una persona alla quale piace tanto avere una famiglia. Credo tanto nei valori che una famiglia racchiude, come avere attenzione e seguire i bambini nella loro crescita». 

E’ un po’ lo spirito che vi ha guidato nella realizzazione del Viola Park: la famiglia. 

«Quando siamo arrivati qui, si parlava di prima squadra; poi ci siamo resi conto di quanti facessero parte del settore giovanile. E tutti andavano in posti diversi che non ci parevano adatti a loro, in brutte condizioni. Abbiamo capito che mancava qualcosa di bello per loro dove potessero fare sport al sicuro e che anche le loro famiglie fossero soddisfatte. Sono sempre stata presente perché per creare qualcosa di sostanza, devi avere tutte le informazioni e sapere cosa serve a questi bambini per giocare. Ma anche per chi lavora qui; la qualità del lavoro nasce dalla qualità del posto di lavoro. Tutti devono essere contenti, anche i genitori dei bambini». 

A proposito di figli, lei ne ha due che sono lontani, come gestisce questo aspetto.

«Marisa e Giuseppe. Lui è stato qui per due anni, poi dopo il Covid è voluto tornare a casa. Li sento sempre, sono grandi e vivono la loro vita, ma capisco che si resti sempre mamma e ci si preoccupi» .

Il suo spirito di madre mi sembra che lo abbia trasferito anche qui nella gestione del Viola Park verso i più piccoli.

«Abbiamo seguito le indicazioni di tante persone che fanno calcio e che si occupano di calcio come Joe Barone, l’architetto Casamonti, Giovanni Nigro, che hanno fatto tanto perché tutto fosse perfetto».

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