​​

Se è vero che due indizi bastano a fare una prova, con la mossa su Kean, Palladino ha fornito anche il terzo: ormai abbiamo capito quanto conti per lui il gruppo e quanto il tecnico faccia da scudo e da garante per i suoi ragazzi. A costo di andare contro la bontà tecnica della scelta e, talvolta, anche alla razionalità delle cose: l'esclusione di Kean al Villamarin come detto è la punta dell'iceberg di un'applicazione un po' particolare del concetto di meritocrazia. Palladino vi si era rivolto già a San Siro, nel re-match con l'Inter quando confermò tutti gli undici che avevano travolto per 3-0 i nerazzurri qualche giorno prima, pur potendo attingere a infermeria e mercato.

Una sorta di ‘premio’, come quello concesso a Terracciano ad Atene, nell'andata degli ottavi di Conference: una scelta che a posteriori, ma anche a priori, non era proprio il caso di fare. Così come era sconsigliabile fare a meno del proprio bomber (assentatosi non certo per divertimento o per problemi fisici, che ne avrebbero potuto giustificare una “tutela”) se si era scelto (?) di non dotarlo di un'alternativa. Anche perché poi a rimetterci è stato il povero Beltran, che dopo due anni ormai abbiamo capito non poter fare il centravanti.

Palladino il gruppo però ce l'ha ancora in mano ben saldo e tutto sommato la sua fantasiosa meritocrazia di danni irreparabili non ne ha fatti: lo spazio di manovra in tal senso è via via sempre minore e quel che farà la differenza saranno i risultati in campionato e Conference. E se qualche compagno si sarà allenato qualche minuto in più di Kean, se ne potrà fare una ragione se il bomber viola dovesse decidere un match decisivo.

Mai più senza Kean: Champions o Europa League valgono perfino più del gruppo. Otto mesi da decidere in quattro giorni: il destino di Palladino e i suoi tra Olimpico e Conference
A volte la “ragion di stato”, come la definisce il Corriere dello Sport-Stadio, vale più di quella che regola i rap...

💬 Commenti (4)