Grabbi: "Già da bambino Nicolussi Caviglia aveva una mentalità incredibile, viveva per il calcio ed era un esempio per i suoi compagni"

C'è chi Nicolussi Caviglia lo conosce da ancor prima di Pioli e Gattuso, i suoi attuali allenatori tra Fiorentina e Nazionale. Corrado Grabbi l'ha allenato dai Pulcini fino all'under 14 della Juventus e - a MondoPrimavera - lo ricorda come un bambino già estremamente maturo e dedito al lavoro. "Sin da bambino - racconta Grabbi - aveva una grandissima mentalità e una passione straordinaria per il gioco, che ancora oggi rappresentano i suoi punti di forza. Mostrava già attitudini molto importanti, sia dal punto di vista tecnico che comportamentale. Penso che il suo atteggiamento e la sua mentalità siano state le armi vincenti lungo tutto il suo percorso”.
“Era un esempio per i suoi compagni”
E poi: “Ricordo una partita, un derby. Hans prese una botta alla caviglia e uscì piangendo dal dolore vicino alla panchina. Gli dissi: “Dai Hans, non mollare, non è niente, vedrai che adesso rientri in campo e fai gol”. Era molto dolorante, ma aveva la mentalità giusta, quella della Juventus. Strinse i denti, rientrò in campo e segnò subito dopo. Questo episodio racconta molto di lui. Era un esempio per i suoi compagni, soprattutto per quanto riguarda la mentalità. Chiedevo sempre ai ragazzi cosa non dovessero mai sbagliare, e loro rispondevano ‘l’atteggiamento’. Ho avuto la fortuna di allenarlo per cinque anni consecutivi, dall’Under 9 all’Under 14, e per me l’atteggiamento e l’educazione erano fondamentali”.
“Una passione sconfinata”
"Hans - continua Grabbi - aveva una grande passione per il calcio: ci fermavamo spesso a provare i tiri, passavamo tanto tempo sul campo. Si era creato un legame molto forte con tutto il gruppo dei 2000, un rapporto che andava oltre il semplice ruolo di allenatore: mi considero più un istruttore, e con i ragazzi si sviluppò anche un grande affetto personale. Di ricordi ne ho tanti, ma quello che porto dentro non è legato al campo. Quando Hans ebbe un serio problema al ginocchio, venne a vivere a casa mia per dieci giorni durante il periodo di recupero. Era già successo da bambino, quando dormiva a casa mia con un compagno prima delle trasferte per risparmiarsi il viaggio da Valle d’Aosta. In quel momento difficile ho capito quanto fosse importante esserci per i ragazzi anche quando le cose non vanno bene. Hans si sentiva a casa con me, e questo per me è stato un gesto d’amore autentico, un valore assoluto”.