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Moise Kean

La scelta iniziale da parte di Vanoli di riprovare, ancora, la coppia offensiva Piccoli-Kean in quel di Bergamo è una discreta immagine di quelle che sono le difficoltà di una Fiorentina costretta a navigare a vista. È stata infatti tentata una soluzione che non ha mai funzionato, vista un’apparente incompatibilità tra i due centravanti: emergono la propensione di Kean ad agire, dal punto di vista tattico, come one-man show e l’evidente condizione di difficoltà psicologica di Piccoli. Rimane, comunque, una soluzione che nelle incertezze generali ha il pregio di essere quantomeno coerente a un determinato piano-gara.

L’idea di Vanoli prima di affrontare l’Atalanta

Il mister prende una decisione logica sull’undici di partenza, per il modo con il quale vuole affrontare la partita: palloni prevalentemente diretti, duelli in avanti, lotta sulle seconde palle in zona avanzata, dar modo a Kean di – almeno inizialmente – evitare la marcatura ostica di Hien. Piccoli agisce per pulire le uscite sul vertice che arrivano da dietro (spesso anche da De Gea), Kean per premere sulla profondità. Vanoli sa che l’Atalanta, la cui caratura tecnica è di gran lunga superiore a quella della Fiorentina (e che dopo la vittoria di Champions contro l’Eintracht è più rinfrancata sul piano mentale), può essere spaventata solo facendo leva sui suoi ritmi ancora carenti. A maggior ragione tenendo conto che Palladino, come già visto a Firenze, tende a portare a zero il turnover dei suoi dopo le prime risposte positive (e in effetti la Dea si presenta con la stessa formazione già vista a Francoforte e nel secondo tempo di Napoli).

Una squadra in partita, ma con un enorme limite

A ben vedere, soprattutto nel primo tempo, l’Atalanta ha le sue difficoltà nel gestire queste transizioni, complice il fatto che sulla corsia sinistra la Fiorentina propone rotazioni interessanti e riesce a uscire perfino in maniera pulita: se i nerazzurri sul piano offensivo producono quantitativamente più dei viola, sono gli ospiti ad avere le occasioni più ghiotte. Tuttavia, l’incapacità di spostare l’equilibrio della partita a proprio favore e l’episodicità delle due situazioni dove i bergamaschi vanno a segno (in particolare la prima rete di Kossounou) affossano sulla squadra, che oggi non ha la forza mentale di reagire ai colpi e alle sfortune. Sullo 0-0 i viola erano in partita, ma sul 2-0 non hanno mai messo seriamente in discussione il controllo della gara conseguito dall’Atalanta, faticando anche solo a restare dentro il match.

Senza resistenza alle avversità si fa dura. E a Reggio Emilia…

Il macigno che la Fiorentina si porta dietro in questa lotta salvezza, che appare già disperata e nella quale non pensava mai di ritrovarsi, alla fine sta tutto qua: nella capacità – oggi pari a zero – di reagire e resistere alle avversità, nella sfiducia generalizzata nei propri mezzi, nella paura. In questa situazione, trovare soluzioni tattiche e risposte di gioco diventa impresa ancor più complicata, specie considerando quanti siano tanti all’oggi i mesi in cui si naviga a vista (Bergamo è non solo il nono ko stagionale, ma è anche la 22esima sconfitta in dodici mesi). Se la squadra sembra aver preso coscienza della sua situazione, ancora non ha la forza di reagire per uscirne. La sfida con il Sassuolo sarà decisiva: un passo per uscirne, o un colpo forse fatale alla psiche di tutti noi.


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