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L’allenatore della Fiorentina Primavera Daniele Galloppa, che ha gestito ad interim la prima squadra viola nei giorni successivi all’esonero di Pioli e durante la trasferta europea di Mainz, ha parlato a Dicci Podcast, spaziando tra moltissimi temi, personali e calcistici.

‘Il Viola Park ha cambiato tutto, i campini erano imbarazzanti’

“A Firenze sono arrivato 5 anni e mezzo fa ormai, da solo, con uno staff che non conoscevo. L’ambientamento è stato facile, forse sono bravo a mettere gli altri a mio agio, mi sono trovato bene subito con le persone con cui ho lavorato. Non c’era il Viola Park, ci allenavamo ai campini che erano abbastanza imbarazzanti…Il Viola Park ora incide tantissimo, anche solo per questo bisogna dire grazie a Commisso, ci saranno 3-4 centri sportivi così al mondo, c’è tutto ciò che serve, è un mondo incredibile e porta un appeal diverso per i calciatori che arrivano anche dall’estero. Certo, poi la differenza la fa chi gestisce il materiale, le persone, ma avere una struttura così ti cambia tutto”.

‘Annate strapositive, ma a Firenze manca sempre qualcosa’

“Firenze è una città meravigliosa, una delle più belle d’Italia a livello artistico, perfetta come misura, l’ho girata tanto. Come si vive il calcio qui è difficile, la piazza pretende, è passionale… molto attenta. Si dice che in Italia ci sono 60 milioni di allenatori… a Firenze ce ne sono tantissimi. Non ho capito sinceramente cosa voglia la piazza di Firenze fino in fondo, anche quando si faceva bene mancava sempre qualcosa. Nei miei anni in viola ho visto fare annate anche strapositive, non voglio difendere nessuno nè portare acqua al mulino di nessuno, ma considerando da dove veniva la Fiorentina, ho visto fare la Conference e giocare anche finali… il settore giovanile ha fatto bene, la Primavera ha fatto il record di vittorie di Coppa Italia, non mi sembra un disastro. Però non si percepisce come se sia stato fatto qualcosa di buono”.

“In Italia c’è un grosso problema sul piano della cultura sportiva, è veramente di livello basso. Bisogna avere tutto e subito, ci sono mille pressioni, non si aspetta. Si guarda molto all’aspetto fisico, ma siamo strutturati come gli spagnoli o come gli africani? Quindi il discorso è diverso. Bisognerebbe concentrarsi molto di più sul piano tecnico. Oggi si guarda il bambino pronto a 12 anni perché si vuole vincere la partitina…invece i risultati non andrebbero guardati fino ai 15 anni almeno, perché poi se ne pagano le conseguenze nel futuro”.

“La famiglia nel mio percorso è stata molto importante, non mi ha mai esaltato, tenendomi coi piedi ben ancorati per terra, non mi sono mai sentito chissà chi, cercando di rimanere una persona equilibrata grazie all’educazione che mi hanno dato. In famiglia sono più malati di calcio di me, mio padre e mio fratello sanno più di calcio di me, mi hanno sempre seguito tanto ed educato per rimanere umile e semplice. Un poster da giovane? Luis Nazario de Lima, 'Ronaldo', per me il giocatore più forte di sempre. Musicalmente sono sul filone dei cantautori storici come De Andrè e Guccini, mi piace quel tipo di musica”.


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