"Per me è una scelta dolorosa, ma sono state messe in dubbio le mie capacità professionali e umane: grazie a tutti, è stato un grande viaggio".

Con queste parole due anni fa, il 9 aprile del 2019, Stefano Pioli annunciava le dimissioni da allenatore della Fiorentina dopo quasi due stagioni in riva all'Arno. Alla base della sua scelta il comunicato dopo la sconfitta interna contro il Frosinone, in cui si leggeva che la proprietà non era "disposta ad accettare quel che sta accadendo da qualche mese a questa parte". E chiedeva al tecnico di "gestire il momento con la competenza e la serietà che ha dimostrato nella prima parte del campionato". Da lì la scelta di dimettersi da parte di Pioli e la decisione della Fiorentina di richiamare Vincenzo Montella, a cui i Della Valle fecero firmare un contratto fino al 2021.

Fu l'inizio della fine per l'ex proprietà viola, dato che nelle settimane successive andò in scena il flash-mob dei tifosi viola davanti alla sede della Tod's, in via Tornabuoni. Ma rappresentarono anche l'inizio della discesa verso i bassifondi della classifica della Fiorentina, che in quel campionato si salvò all'ultima giornata. E in quello successivo, il primo della gestione Commisso, la salvezza è arrivata soltanto nelle ultime giornate dopo l'esonero dello stesso Montella e l'arrivo di Iachini. Un momento negativo che non accenna ad interrompersi, visto che anche nell'attuale campionato la classifica della Viola è tutt'altro che esaltante. E l'obiettivo massimo non può che essere la salvezza. In attesa di tempi migliori e di scelte societarie e tecniche che riportino la Fiorentina nei quartieri alti della Serie A. 

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