Passano i giocatori, gli allenatori e persino i presidenti. Passano -veloci- i campionati e le stagioni. Ma c'è qualcosa che non cambia, o almeno non dovrebbe, cambiare mai. È la fede e l'amore per la propria squadra. Qualcosa che va al di là di tutte le variabili del gioco del calcio. Alle volte, però, quest'amore viene messo a dura prova. Sfidato da chi vuole che quei segni indelebili, a volte indimenticabili, non continuino a lasciare traccia di sé. Lucas Torreira per la Fiorentina è stato proprio questo. Una luce radiosa con la quale la Firenze del pallone non si era fatta accecare da anni. Un bagliore che non doveva costituire soltanto un lampo, ma perdurare come una guida luminosa da fissare in mezzo al campo e anche fuori.

Come purtroppo è noto -ma lo era già da settimane- quella luce è stata bruscamente oscurata. Spenta da chi non ha voluto sentire ragioni, nemmeno quelle di migliaia di tifosi che, nell'eterogeneità della passione fiorentina, si erano, per una volta, accomunati. Cos'è questo se non l'amore per un giocatore che nel menefreghismo generalizzato del calcio moderno lotta per qualcosa che si può ancora definire valore? Si dice che oggi non ci siano più punti di riferimento. Ma la verità è un'altra. Quando questi ci sono e si mettono in mostra, hanno l'effetto indesiderato di provocare fastidiose reazioni per gli altri. Torreira era diventato questo per la società e così hanno deciso di cacciarlo. Camuffandosi da paladini della giustizia e della morale per questioni che vanno al di là di ogni logica sportiva. Business e nient'altro. Perle a chi vede solo bilanci e profitti. Così si crea solo distaccamento. Una distanza che non fa altro che allontanarci dal caos sentimentale che NOI chiamiamo calcio.

Ma i tifosi non dimenticano. E guai a farlo. Nell'epoca della velocità e dei cambiamenti repentini, tutto passa e ci si scorda in fretta. Ebbene, l'avventura di Torreira alla Fiorentina non andrà perduta. Sarà il monito sempre presente che un grave torto è stato perpetrato ai danni dei tifosi, o di chi, ancora, ha voglia di innamorarsi. Chiamateci romantici, chiamateci nostalgici: il calcio di oggi non è più questo, ma là fuori c'è chi ancora non si è disilluso. Chi, forse ingenuamente, crede ancora nelle favole e nelle storie che si trasformano in realtà. Come in ogni classico racconto, però, c'è sempre il lupo cattivo. L’antagonista che si maschera da buono soltanto per ingannare, talvolta per rendere docili i personaggi che potrebbero togliergli la prima pagina. Si dice che la storia la facciano i vincitori, ma in questa vicenda ciò che dovrà passare agli annali è il fatto che nessuno abbia vinto. I vinti, piuttosto, se ne andranno con la coda tra le gambe, impotenti difronte ai calcoli che governano in modo assoluto ciò che resta del calcio. Ciò che resta, tuttavia, non andrà perduto. Anzi, per chi vorrà, sarà ricordato come uno dei peggiori errori (di presunzione) che la Fiorentina abbia mai commesso.


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