Su La Gazzetta dello Sport si legge un articolo di Stefano Agresti sul tema arbitri dopo le polemiche di queste ore in seguito a Torino-Fiorentina e non solo. Queste alcune parti del suo articolo: "Arbitri che smarriscono la lucidità, innervosiscono le partite, le rovinano. Dovrebbero essere guidati dal regolamento e dal buon senso: non seguono né l’uno né l’altro. Sono lo specchio di un sistema che non funziona, che va cambiato. Sono state due serate nere, nerissime per la squadra guidata da Rocchi. Prima Lazio-Milan, poi Torino-Fiorentina: un doppio disastro. (…) Di Bello e Marchetti ne hanno combinate di tutti i colori, non c’è da stupirsi se alla fine delle gare di Roma e Torino gli animi in campo erano accesi. In palio ci sono posizioni in classifica, qualificazione alle coppe europee, prestigio sportivo, introiti economici. Impossibile immaginare che certi errori non abbiano conseguenze e vengano accettati serenamente, a maggior ragione nel calcio di oggi, tutto Var e tv, immagini e moviola. Come si può pensare che quegli sbagli scivolino addosso ai protagonisti, i quali possono verificare l’entità delle ingiustizie subite pochi istanti dopo che sono avvenute, semplicemente guardando uno smartphone o un tablet in panchina? 

E sull'espulsione di Ricci: “Incredibile, la decisione che ha cambiato gli equilibri di una partita che il Torino stava giocando meglio della Fiorentina. Ammonito per un gomito largo, il centrocampista granata pochi secondi più tardi ha ricevuto un altro cartellino giallo per proteste. E cioè per avere detto – come hanno raccontato i bordocampisti delle tv, situati a pochi metri dall’episodio – semplicemente questo: «Ma come fai a non ammonirlo?». Un’espulsione senza senso, una decisione senza buon senso, che fa seguito al gol annullato a Zapata per una spinta come tante. Un’altra partita che è cambiata non per la prodezza di un campione, ma per una decisione sbagliata dell’arbitro. Che tristezza”

E infine: “La crisi della classe arbitrale è la crisi di un sistema. Il calcio italiano deve cambiare in modo profondo, definitivo: quanto sta accadendo toglie credibilità, spettacolo, fiducia, appeal. In ballo non c’è, non può esserci la riduzione della Serie A da venti a diciotto squadre: questi sono dettagli quasi insignificanti, anzi dannosi. Serve di più, molto di più Quanto può crescere il calcio italiano se segue lo stesso percorso? Quanti limiti, quanti difetti possono essere superati cambiando mentalità e organizzazione, e aumentando nello stesso tempo la libertà di scelta dei club di Serie A, quelli che producono la ricchezza con cui vive non solo il calcio, ma gran parte dello sport italiano? Le società, unite, stanno tracciando una strada alla fine della quale appare un calcio nuovo e diverso. Migliore? Migliore, sì: è difficile immaginarne uno peggiore”


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